Dal catalogo :Claudio Marini Dipinti 1976-1991
Programma Arte e Cultura 1991-1992
Palazzo Rondanini Alla Rotonda - Roma
Per tutti quelli che hanno familiarità con il tipo di pittura che Marini pratica da an-
ni, la sua ultima produzione risulterà perlomeno sorprendente. Un antecedente lo
si può in realtà già trovare in una serie di lavori precedenti che potrebbero
chiamarsi dei “totems” e delle "ruote". In questo caso Marini era passato a
dipingere direttamente su materiale appartenente alla vita di tutti i giorni: assi di
legno o addirittura fondi di botti che venivano direttamente dipinte e direttamente
esposte nello spazio. Era accaduto quindi uno spostamento di prospettiva, un
passaggio dalla tela all'oggetto, dal supporto tradizionale ad uno improvvisato,
costituito da elementi casuali. Un passaggio fondamentale che apriva nuove
possibilità e precedeva le ultime opere basate su una nuova concezione. Se
infatti queste, per la loro frontalità e. sostanziale bidimensionalità sono ancora
recepite dall'occhio come quadri, in realtà non possono più semplicemente de
finirsi come tali. Esse sono diventate quasi oggetti, oscillanti ambiguamente tra i
due campi della pittura e della scultura. La struttura formale di QUESTI LAVORIè
costante: si tratta di una base di legno stretta e lunga, dipinta (tranne che in un
solo caso) di nero, su cui si delinea un secondo riquadro dove interviene il colore
e su cui sono applicati alcuni oggetti. Una cornice ed un vetro, intesi in questo
caso come parte integrante del lavoro, racchiudono il tutto. La presenza
ossessiva del nero, la rigidità monumentale di queste forme, ed il fatto di essere
racchiuse all'interno di una cornice in lacca nera, suscitano immediatamente una
sensazione di asfissia, di immobilità e di paralisi, mentre la presenza di oggetti
simbolici, crea un'atmosfera piena di rimandi emotivi e culturali.Il che vuol dire
che se prima Marini comunicava attraverso un codice linguistico più astratto e
tutto basato sul colore, ora l'urgenza di contatto con gli altri sembra essersi fatta
più forte e di conseguenza i messaggi diventano più diretti e palesi. Questo
accade soprattutto attraverso l'introduzione di questi frammenti di realtà che im
mediatamente raccontano, si fanno tramite tra l'artista e noi.Una SPATOLA
rimasta, come per magia incastrata, attaccata al colore stesso, ci parla dell'atto
del dipingere, di quello che succede prima e dopo, ci dà la possibilità di
proiettarci nella mano, nel corpo e nella mente dell'artista mentre lavora.Un
GAROFANO, un Pulcinella, una conchiglia, comunicano direttamente con la
nostra sensibilità mediterranea, con il nostro passato e la nostra cultura europea,
mentre altre presenze, come può essere una carta di credito ci rimandano di
colpo ai tempi attuali.Nostalgici richiami al passato, come alcuni EX VOTO,
depositari di una tradizione e racchiusi per sempre in queste teche, come a voler
essere protetti per sempre dallo scorrere del tempo, affiorano dal colore, come
dal magma dell'inconscio. Una sensazione rafforzata dalla costante del colore
bianco, che crea una sorta di siparìo della mernoria, una membrana che lascìa
affiorare in superficie alcuni elementi dì un mondo sotterraneo, di cui intuiamo
l'affluire al di sotto di essa.Ma l'opera più inquietante e complessa è quella che
Marini definisce come il suo autoritratto. Qui l'oggetto inserito è costituito da
degli occhiali rotondi, avanzi di una vecchia MASCHERA A GAS.Al di sotto di
ognuno di questi vetri rotondi compare qualcosa, difficile da individuare a prima
vista ma che si fa chiaro una volta che ci avviciniamo: si tratta di dettagli di due
fotografie.Una rappresentante un quadro di Marini, ed una il volto
dell'artista stesso. Gli occhiali sono posti nella zona alta del riquadro, ad altezza
dei nostri occhi e sono circondati dal nero del colore. L'effetto è sorprendente.
Si crea un gioco di rapporti intercambiabili tra chi osserva e chi è osservato, che
potrebbe andare all'infinito: da una parte stiamo noi che guardiamo e che
cerchiamo di entrare in contatto con quello che abbiamo davanti; siamo impediti
da questo però da una serie di ostacoli: il vetro della cornice, quello degli
occhiali ed il fatto che si tratta di decifrare frammenti di fotografie. Dall'altra parte
c'è il lavoro, la figura dell'artista da cui siamo a nostra volta osservati (in questo
caso quasi alla lettera) e che a sua volta, rimane però distante, racchiuso per
sempre, sepolto nel mondo dell'arte. Tra gli e gli altri esistono delle barriere che
obbligano ad una lettura trasversale, di tipo riflesso, dove il contatto diretto
rimane impossibile. E’ 'eterna questione, su cui nell'arte continuamente ci si
interroga, del rapporto tra noi e l'esterno, tra il proprio io e la realtà. Una
problematica a cui questa serie allude in questo ultimo caso con drammatica
evidenza.Viste una dietro l'altra e poi tutte insieme., queste opere testimoniano
di una concezione frammentaria della realtà, di un io teso più verso il passato
ed ironico del presente, pronto a racchiudere in forme lapidarie la propria arte
pur continuando a farla.Ed è in questa lacerata visione, in questa ambivalenza
di emozioni che si racchiude la forza e l'attualità di Marini.
ANTONELLA SOLDAINI
Dicembre 1991